CESARE ANGELINI POETESSA A PAVIA
In C. Angelini, Viaggio in Pavia, Pavia, Fusi, 1976, pp. 108-110.
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Nel bordo della fotografia la dedica: «Al mio nobile Amico don Cesare Angelini Ada Negri Milano, 24 febbraio 1927» archivio privato
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Periandro, signore di Mileto, spedì una nave trireme alla poetessa di Lesbo perché andasse da lui a recargli il dono della sua poesia. Saffo accolse l’invito e giunse alla reggia con due canzoni, irrorate dal riso innumerevole delle onde: e la reggia ne fu tutta celeste.
Non sul comando d’un principe, ma sul filo dell’amicizia con una gentildonna pavese — Luisa Boerchio — un giorno Ada Negri venne tra noi [a Pavia, ndr] col suo dono poetico. E da non so quanti anni, al giungere dell’autunno — quando sulla nostra terra i giorni si fanno più nudi e l’umido e le nebbie fanno cercare un angolo accogliente — ella lasciava Milano e tornava nel tiepido nido che l’amicizia le preparava. Vi si fermava due mesi, tre mesi, cinque mesi. Magari s’annunciava a qualcuno: «La settimana prossima lascerò il mio solaio di Viale dei Mille e Bianca e Donata [la figlia e la nipote, ndr], e verrò a Pavia. Vivere nella vostra città è un premio che mi voglio concedere anche quest’anno. Pavia mi chiama. Le strade, le torri, il ponte...». Pavia le piaceva e la sua natura rustica e preziosa, il suo silenzio così idoneo alla meditazione dei poeti. Vi trovava tranquillità, raccoglimento, riposo dell’anima e del corpo, e ispirazione.
Rossa Pavia, città della mia pace. Un saluto, un’aureola. Molte delle sue cose migliori, in versi e in prosa, son nate a Pavia. Pavia le piaceva, che ha sempre onorato i poeti, e un giorno, con la presenza del Monti e del Foscolo, arrischiò d’essere la capitale della gloria poetica italiana. Si poteva discorrere insieme d’un Petrarca «pavese», d’un Monti «pavese», d’un Foscolo «pavese».
Il ricordo di queste sovraumane presenze ne esaltava lo spirito e ne faceva più umile il cuore. Un inverno, credo del ’37, lo passò nella lettura attentissima del Foscolo «pavese» che narra se stesso nell’epistolario copioso. Si scaldava in quelle pagine piene di magie ventose, sontuose di speranze e di procelle, e ne scriveva a qualcuno. «Foscolo, io l’amo di eccelso amore. La sua lettura aumenta la mia passione per questa città che giustamente reputa suo vanto l’aver udito dalla viva voce del poeta la prolusione memoranda. Ho letto or ora la lettera del 16 dicembre 1808, tutta vibrante d’ardore, ad onta della neve alta e cristallina per le strade pavesi. È una pagina compatta, densa di maschi e larghi concetti, sostanza cerebrale dalla prima all’ultima riga; dà la misura dell’artista e dell’uomo. Voglio mandarla a memoria in questi giorni che per il freddo non m’è possibile uscire di casa».
E nella bella casa di Corso Garibaldi, protetta dai due diodora, passava le giornate tra il leggere e il conversare, e il figurarsi e il rammemorare e il fantasticare. Ma se il febbraio meno acerbo mandava avanti un suo vento allegro e un primo odore di viole, ella usciva dalla sua casa ospitale e si mescolava fra le nostre piazze e contrade, vaga di cercar dentro e d’intorno questa misteriosa città e il suo cuore logorato dal travaglio dei secoli. Lo cercava e lo trovava soprattutto nella presenza delle nostre basiliche cinte d’aria incantata e con un senso di perenne volo. Le più alte parole su queste ville di Dio, le ha scritte lei. Sentiva la suggestione di queste case maestose, di queste presenze di puro medioevo, di ritorno all’anno Mille, aumentato dalla presenza impennata di una torre che, se un colombo d’improvviso se ne stacca, par che si chini e crolli.
Ma aveva altri pellegrinaggi. Più frequente, quello alla casa del Foscolo. L’aveva scoperta un giorno d’autunno seguendo carri che giungevano carichi di uve violette dall’Oltrepò. Oh, quella via Foscolo, tra case decorose e alte mura d’un vago color pistacchio! pulita, ariosa, immersa in una logora domenicale malinconia. Le pareva di passeggiarla su ritmi di endecasillabi. Perché — diceva — il segreto dei grandi poeti è che i loro versi più belli son passati nell’aria; e tutta la contrada ne pareva risuonare come una cassa armonica. Sentiva la presenza di quello spirito tempestoso, tutto lampi e fughe, e fuoco e vento e senso d’esilio: amori ac dolori sacrum. Lo sentiva come il nostro grandissimo la cui vita e poesia sono perfettamente aderenti al tragico del nostro destino, e nella cui voce vibra il grido della dolente anima italiana.
Però «il cuore» di Pavia ella amava cercarlo negli «angoli» dove le voci risuonavano come in chiesa; nelle viuzze interne dove le case dei poveri, malate di salnitro, sono tutte unite in vicinanza cordiale a custodire un loro bene. Lo cercava nelle piazzole romite, nelle strade perse, nel silenzio dei cortili col pozzo e la meridiana, e dove qualche vecchio si chiama ancora Siro, il nome del Santo patrono, che se n’è perso l’uso. O lo trovava tra le viuzze e gli orti di Borgo Ticino, scoprendo tra lavandaie e pescatori il meglio e il più genuino della vecchia Pavia.
Così io la rivedo nella mia città: camminare rasente ai muri, e improvvisamente fermarsi a guardare con interesse una vecchia posterla di legno, l’erba d’un sagrato. Piena d’anni era, ma ribelle a invecchiare. Diritta e invitta. Pallidissima il volto, tutto osso e fermezza, balenato da occhi grandi e bizantini difesi da sopracciglia pesanti. La testa, un gran cespuglio nevicato. Correggeva la persona tozza e tracagnotta con movimenti lenti e dominanti. Abitavano in quel suo portamento la nobiltà d’una regina e la fresca audacia della zingara. E non l’abbiamo vista un giorno d’estate fermarsi alla fontanella pubblica, premere la bocca alla cannella, lasciando poi sgocciolare l’acqua per il mento e gettare attorno quegli occhi magnetici in sfida ai passanti? E bastò quel movimento poco controllato, perché dalle spalle le si scaricasse tutto il peso degli anni e delle sofferenze e delle esperienze, e ci rimbalzasse davanti, nel suo corpetto rosso, la vergine ventenne, la leggendaria monella di Fatalità e Tempeste [le prime opere di Ada Negri, ndr].
(Alla sua morte, che fu nel gennaio del ’45, Pavia le ha dedicato una via, anzi uno dei vicoli che più amava. Gira intorno alla chiesa di Canepanova, dove ha lasciato l’eco delle sue preghiere).
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[La consuetudine di A. con la poetessa, che risale al 1924 con la partecipazione della Negri a “La Festa”, si svolse, oltre che nell’ambito della frequentazione pavese, nel sincero e grande affetto di una consistente amicizia epistolare. Vedi Cesare Angelini e Ada Negri. Incontri nella “rossa Pavia”, scelta di lettere del carteggio C. Angelini - Ada Negri, a cura di Cesare Repossi, presentazione di Angelo Stella, Pavia, Unitre, 1996.]
CESARE ANGELINI VIA ADA NEGRI
In C. Angelini, Viaggio in Pavia, Pavia, Fusi, 1976, pp. 59-60.
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Pavia, via Ada Negri Fotografia di Gianni Cattagni |
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Perché abbiano chiamato via quello che fu sempre vicolo — Vicolo Foromagno — ufficialmente «legalizzato» da un decreto del 14 novembre 1788, col quale l’I.R. Governo austriaco approvava la nomenclatura delle contrade, vicoli, piazze e corsi della città, compilata dallo storico Siro Severino Capsoni; e poi, come via, l’abbiano proprio dedicata ad Ada Negri, che prediligeva i vicoli dove le pareva di trovare meglio il cuore di Pavia, bisognerà domandarlo al Sindaco che approvò questa decisione in una seduta consigliare del novembre 1961.
Ma questa è polemica; e il vicolo resterà sempre vicolo per la sua insopprimibile struttura di vicolo.
Il vicolo, dunque, gira piamente attorno al lato destro della chiesa dei frati di Canepanova, cara alla pietà della poetessa quando viveva tra noi.
Non occorre avere molti anni per ricordare che prima della pavimentazione in luttuoso asfalto che ora l’opprime, c’era un allegro selciato con le due guide che ne aiutavano, per così dire, la linea in continua curva. Comunque, certe sue penombre in cui si mescola l’eco del vecchio nome, contribuiscono a creargli dentro e dintorno un’atmosfera di antico indistinto.
Entrandoci da piazza Municipio, il lato della chiesa muove un bel gioco di quinte tra i robusti contrafforti in rosso mattone e il campaniletto quadrato, puro come un «fioretto». Dall’altro lato, il muro scalcinato del palazzo Bellingeri scopre, in un’alternarsi di mattoni e di sassi, il modo di murare nel Settecento, utilizzando il materiale a portata di mano in una città fluviale.
Un giorno che vi passavo in compagnia della poetessa, guardando il muro, le dissi un poco scherzando: «Se accosta l’orecchio a uno di quei sassi, vi sente dentro ancora il brusio delle onde del Ticino da cui furono cavati». E feci l’atto di accostarlo. Scoppiò a ridere, esclamando: «Ma tutto il vicolo è ora pieno di quel brusio...»
In città, è il vicolo più frequentato dai colombi, miti e familiari, da far pensare a quelli della Porziuncola in Assisi. I colombi amano i conventi; sanno, d’istinto, che i frati di San Francesco sono i loro amici.
NEI LIBRI...
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RITRATTO DI ADA NEGRI
ADA NEGRI SCRIVE DI ANGELINI
VEDI ANCHE
ALCUNE POESIE DI ADA NEGRI
- Nel paese di mia madre, da A. Negri, I Canti dell’Isola, Milano, Mondadori, 1924.
Così A. in L’autunno è di Lodi [Questa mia Bassa (e altre terre), Milano, All’Insegna del Pesce d’Oro, 1992, pp. 51-56, cit. pp. 55-56]: «Purezza di paesaggio da cui nascevano sentimenti di preghiera, di meditazione. [...] Quasi a dar voce a quella mestizia dolce, anzi a quel piacere d’essere malinconico, mi vennero incontro (se dalla memoria non so o dalle zolle arate) i versi lunghi di una fanciulla che era nativa di lì e poi andò per il mondo avvolta in una sua aria di leggenda zingaresca. I versi ritrovavano molto naturalmente un ritmo largo e popolare. “Nel paese di mia madre v’è un campo quadrato, cinto di gelsi. — Di là da quel campo, altri campi quadrati, cinti di gelsi. — Rogge scorrenti ci sono, fra gli alti argini, dritti — e non si sa dove vanno a finire. — La terra s’allarga a misura del cielo — e non si sa dove vada a finire. — Pioppi e betulle di tremula fronda — accompagnan dell’acque il fluire. — Quando nei rami s’impiglian le stelle — in quella pace vorrei morire”. Era con me Vittorio Beonio-Brocchieri, lodigiano e poeta; e in quel canto che usciva dai solchi, nell’ora che calavano le nebbie, sentimmo gemere tutta la natura, carica di millenarie tristezze; e ogni cosa — il vento e l’acqua, il filo d’erba e la foglia, la stagione e l’ora del tempo — migrare verso un suo patetico destino, irrevocabilmente chiamata ad un giudizio». |
- I giardini nascosti, da A. Negri, Il dono, Milano, Mondadori, 1936.
Poesia dedicata a Pavia. Così A. in Poetessa a Pavia [Viaggio in Pavia, Pavia, Fusi, 1976, pp. 108-110, cit. p. 108]: «Pavia le piaceva e la sua natura rustica e preziosa, il suo silenzio così idoneo alla meditazione dei poeti. Vi trovava tranquillità, raccoglimento, riposo dell’anima e del corpo, e ispirazione. Rossa Pavia, città della mia pace. Un saluto, un’aureola. Molte delle sue cose migliori, in versi e in prosa, son nate a Pavia». |
- Fontana di luce, da A. Negri, Fons Amoris, Milano, Mondadori, 1946 (postumo).
Questa poesia, come risulta dal carteggio, è stata ispirata dalla fioritura di un’arbusto nei giardini dell’ Almo Collegio Borromeo, in occasione di una visita della Negri ad Angelini.
Così A. in una lettera ad Ada Negri: «Pavia, Almo Collegio Borromeo, 3.IV.[1942]. Cara e gentilissima Signora, ancora il grande arbusto in mezzo al prato si coprì di fiori gialli e le novelle accese rame “salenti e ricadenti con superba — veemenza di getto danno raggi — e barbagli a mirarle; e tu quasi odi — scroscio di fonte uscir da loro, e tutta — la Primavera da quell’aurea polla — ti si versa cantando entro le vene”. Quando gli uomini avranno riacquistato l’orecchio “pacato” e il “cuor gentile” torneranno a gustare questi versi bellissimi come aereo dono. Questa Fontana di luce è certo tra le sue cose più belle, cara Signora. E io mi compiaccio che l’ispirazione sia borromaica. Ricordo bene che venne, ammirando il cespuglio tra le volute preziose del cancello di cui le mando l’immagine. E nella speranza di rivederla presto sul luogo della ispirazione, le faccio tanti auguri di Buona Pasqua, di gioia serena. Cordialmente suo Angelini».
E la risposta della Negri: «Roma, 8-4-’42-XX. Caro Amico, grazie della calde parole sull’arbusto. Voi l’avete chiamato Fontana di luce. Quelle “Otto liriche” son davvero molto lette e anche pure in tempi aridi per la poesia come questi! Avete avuto la mia lettera per i Vostri mirabili vicoli e comignoli pavesi, e sassi? Qui a Roma mi par di soffocare, e sogno disperatamente la mia e nostra Pavia. E pure Roma è tanto bella. Torno a giorni. Buona Primavera nel parco dei Borromeo. La vostra Ada Negri».
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NEL RICORDO
Pavia. La lapide collocata nel 2005, dal Comune di Pavia e dalla Società Pavese di Storia Patria, sulla facciata del Collegio Boerchio, in Corso Garibaldi 67. |
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PUBBLICAZIONI DI CESARE ANGELINI CON SCRITTI INERENTI ADA NEGRI
Ada Negri, in C. Angelini, Testimonianze cattoliche, Pavia, Artigianelli, s.d. (ma 1928), pp. 73-81.
(citazione) La valorizzazione del fanciullo, in C. Angelini, Conversazioni sul Vangelo, Brescia, La Scuola Editrice, 1930, pp. 101-112, cit. p. 96.
La nostra “poetessa”, in C. Angelini, Carta, penna e calamaio, Milano, Garzanti, 1944, pp. 298-303.
Poetessa a Pavia, in C. Angelini, Acquerelli, Brescia, La Scuola Editrice, 1948, pp. 36-39.
Poetessa a Pavia, in C. Angelini, Viaggio in Pavia, Pavia, Ente Provinciale per il Turismo, 1976, pp. 108-110.
Via Ada Negri, in C. Angelini, Viaggio in Pavia, Pavia, Ente Provinciale per il Turismo, 1976, pp. 59-60.
(citazione) Vicolo del Senatore, in C. Angelini, Viaggio in Pavia, Pavia, Ente Provinciale per il Turismo, 1976, p. 58-59, cit. p. 58.
(citazione) L’autunno è di Lodi, in C. Angelini, Questa mia Bassa (e altre terre), Milano, All’Insegna del Pesce d’Oro, 1992, p. 51-56, cit. pp. 55-56.
(citazione) Serenata alla Certosa, in C. Angelini, Questa mia Bassa (e altre terre), Milano, All’Insegna del Pesce d’Oro, 1992, p. 77-86, cit. pp. 78-79.
Ricordo di Ada Negri, in C. Angelini, Cronachette di letteratura contemporanea, Bologna, Massimiliano Boni Editore, 1971, pp. 141-148.
Ancora su Ada Negri (lettera a Enrico Falqui), in C. Angelini, Cronachette di letteratura contemporanea, Bologna, Massimiliano Boni Editore, 1971, pp. 149-154.
Cerimonia a Lodi, in C. Angelini, Altro Ottocento (e un po’ di Novecento), Bologna, Massimiliano Boni Editore, 1973, pp. 161-168.
scritti di Ada Negri commentati, nelle antologie scolastiche di Cesare Angelini La vite e i tralci, La porta d’oro e L’allegra vendemmia (vedi le antologie per la scuola nella bibliografia di Angelini).
nota: i riferimenti riguardano le prime edizioni. Per riedizioni e ristampe consulta l’elenco delle opere di Angelini.
SCRITTI DI / SU ADA NEGRI IN PUBBLICAZIONI RIGUARDANTI CESARE ANGELINI
(carteggi) Cesare Angelini, Trenta lettere, a cura di Angelo Stella e Angelo Comini, Pavia, Almo Collegio Borromeo, 1981, pp. 43-67. [Contiene missive di Cesare Angelini ad Ada Negri.]
(carteggi) Cesare Angelini, I doni della vita. Lettere 1913-1976, a cura di Angelo Stella e Anna Modena, Milano, Rusconi Editore, 1985. [Contiene missive di Cesare Angelini ad Ada Negri.]
(carteggi) Cesare Angelini, Il libro delle dediche (testimonianze di amicizia), a cura di Fabio Maggi, Pavia, Tipografia Commerciale Pavese, 1995. [Contiene dediche autografe di Cesare Angelini ad Ada Negri.]
(carteggi) Cesare Angelini e Ada Negri. Incontri nella “rossa Pavia”, scelta di lettere del carteggio C. Angelini - Ada Negri, a cura di Cesare Repossi, presentazione di Angelo Stella, Pavia, Unitre, 1996.
(studi) AA.VV., Cesare Angelini nel ‘tempo’ delle amicizie, a cura di Angelo Stella, con incluso Il tempo delle amicizie, a cura di Anna Modena, catalogo della mostra dedicata a Cesare Angelini allestita alla Biblioteca Universitaria di Pavia nel dicembre 1996, Pavia, Centro di ricerca sulla tradizione manoscritta di autori moderni e contemporanei dell’Università di Pavia, 1996, pp. 223-227.
(studi) AA.VV., Il mondo di Cesare Angelini, a cura di Gianni Mussini e Vanni Scheiwiller, Milano, Banca Popolare di Milano e Libri Scheiwiller, 1997, p. 141 e pp. 154-156.
(carteggi) Cesare Angelini, Lettere a Paola e altre amicizie letterarie, a cura e con premessa di Luca Cesari, Novafeltria (PU), Università Aperta Giulietta Masina e Federico Fellini, 2004; seconda edizione, 2007. [Contiene 22 missive di Angelini a Paola Mattei; 1 lettera di Giovanni Papini e 3 lettere di Ada Negri ad A., regalate nel 1948-1950 da A. a Paola Mattei.]
SCRITTI DI ADA NEGRI INERENTI CESARE ANGELINI
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Chiesetta di campagna, nel “Corriere della Sera” del 10 agosto 1931. [Articolo riguardante C. Angelini, Conversazioni sul Vangelo, Brescia, La Scuola Editrice, 1930.]
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