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CARLO VILLA

UN RICORDO DI CESARE ANGELINI

In AA.VV., Nuovo bollettino borromaico N. 25,
Pavia, Associazione Alunni dell’Almo Collegio
Borromeo, novembre 1996, pp. 7-10.

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Angelini nel suo studio
all’Almo Collegio Borromeo, fine anni ’40

Fotografia di Giacinto Perosino


Accolto dal Collegio nel novembre 1938 ho avuto la grande fortuna di conoscere Cesare Angelini sin dall’inizio del suo rettorato avvenuto l’anno dopo; conoscenza che si è andata sempre più arricchendo man mano che avevo modo di apprezzare le indimenticabili squisite doti di umanità e di umiltà che per tanti anni Angelini mise al servizio del Collegio e durante il suo lungo rettorato e poi ancora più su fino alla sua morte.
I ricordi che mi legano all’affettuosa memoria di Angelini sono tanto numerosi che mi ci proverò a fare un po’ d’ordine, aiutato provvidenzialmente in ciò dal possesso di tanti suoi scritti (ben 33 magnifiche lettere da me gelosamente conservate).
Sin dagli inizi del suo rettorato Egli palesò tutta la sua amorevole dedizione al Collegio e ai suoi alunni, consapevole quant’era della mirabile funzione di civiltà che il Collegio voluto da S. Carlo era chiamato a svolgere quale “Palazzo della sapienza” o, come ebbe a dire Angelini, “Palazzo come civiltà”.
Impossibile dimenticare i frequenti contatti che quotidianamente stabiliva coi suoi alunni, ora nel refettorio, ora sotto i portici e ancora nel giardino, rendendoli partecipi della sua affascinante sensibilissima vena poetica orientata soprattutto verso le cose semplici.
Un giorno mi disse: «Vede, caro Villa, le cose più umili sono le più poetiche perché sono le più umane». In queste indimenticabili parole direi che v’è tutto Angelini: v’è tutta l’umiltà generatrice di tanta umanità nell’animo sublimemente poetico di Angelini. E così mentre passeggiavi in sua compagnia nei viali dell’amato giardino, se inavvertitamente stavi per schiacciare una lumaca, fermandoti, la sollevava delicatamente fra due dita e, deponendola fra i fili d’erba: «Vede, caro Villa, questa lumaca vale di più del Duomo di Milano, perché qui dentro c’è la vita!» Oppure ti invitava a fermarti a contemplare un tiglio, spoglio il tronco per aver deposto ai suoi piedi tante foglie dorate e: «Vede, Villa, quell’albero che d’autunno ripaga con tante monete d’oro il nutrimento che la terra gli ha fornito!»
E che dire delle mirabili omelie da Lui tenute la domenica nella bella cappella borromaica? pendevi dalle sue labbra e persino le allora scricchiolanti pedane degli inginocchiatoi ammutolivano incantate...
Nato ad Albuzzano alla cascina Pescarona da numerosa famiglia costretta in due modestissime stanze (che ancora esistono e meritano essere oggetto di una visita), consapevole che uno dei compiti umani più belli è quello di soccorrere i poveri, istituì la conferenza di S. Vincenzo, per cui una volta per settimana ci si riuniva attorno a Lui in sala bianca, si commentavano parti del Vangelo e ci si assumeva l’impegno di recare alle famiglie povere una parola di conforto e dei buoni acquisto di generi alimentari. E certo per significarmi quanta importanza avesse il meraviglioso messaggio evangelico d’amore verso tutti e specialmente verso i poveri, all’inizio del suo rettorato mi fece dono del magnifico suo volumetto Invito in Terrasanta con bella dedica.
Umilmente in alcuni suoi scritti si firmava “cancellarius borromaicus”: portinaio! Ed in effetti quando nel 1942 il nostro Collegio fu requisito e trasformato in ospedale militare sino al 1945, Lui rimase sempre a custodia del Suo Collegio, sostenuto in ciò dalla dimestichezza contratta coi militari per aver svolto funzioni di cappellano militare al fronte nella guerra 1915-18 presso il Battaglione Intra degli alpini.
E portinaio volle mostrarsi anche verso i suoi alunni; erano allora tempi di provvidenziale austerità ed era normale che il rientro serale scadesse alle 23. Non posso dimenticare l’unica volta che io e l’amico Rossi richiedemmo il permesso di rientrare dopo uno spettacolo teatrale a mezzanotte e mezza, Angelini ci attese nell’androne del Collegio per aprirci la porta! oh tempora! oh mores!
Convinto che il Collegio dovesse assumere funzioni culturali al di là dei confini nazionali, Angelini si diede da fare sin dal 1946 per ottenere borse – scambio coll’estero e nel settembre 1946 mi comunicava che tramite l’I.R.C.E. (Istituto Relazioni Culturali con l’Estero) ne aveva ottenuto la prima, di cui il sottoscritto beneficò dal marzo 1947 al febbraio 1948; ne seguiranno poi altre colla Svezia, Inghilterra, Germania, Danimarca e USA. Il 28 aprile 1947 mi inviava una lettera a Parigi per annunciarmi che l’11 maggio sarebbe stata costituita l’Associazione ex alunni, l’«Associazione — così mi scriveva — ossia il Collegio che continua e magari fiorisce in iniziative», e doveva essere la gloria e la storia del nostro amatissimo Borromeo.
E, convinto com’era che l’Associazione potesse e dovesse svolgere un ruolo fondamentale nella vita del Collegio, volle associare la fondazione alla rinnovata memoria di due fra i più illustri alunni che il Collegio abbia avuto: Carlo Forlanini, l’inventore del pneumotorace — ne ricorreva il centenario della nascita — e Contardo Ferrini, uno dei più celebri romanisti, a circa un mese (14 aprile 1947) dalla sua proclamazione a beato.
Instancabile nel mettere la sua illuminata opera a favore del Collegio, Angelini nel 1957 mi comunicava che insieme all’illustre borromaico prof. Donati aveva deciso la creazione dei Gruppi Borromaici, che dovevano costituire «una nuova dimensione del Collegio».
Il 28 aprile 1957 mi indirizzava la bella lettera che qui amo riportare:
«Caro Villa [...] il prof. Donati e io abbiamo pensato di nominare lei “capogruppo” dei borromaici che vivono in Bergamo e dintorni. Mi risponda per cortesia, dicendomi che accetta. Così presenteremo il suo nome — come un fatto compiuto — alla multiforme comunità che ama i fatti compiuti. E grazie. Suo Angelini “cancellarius borromaicus”».
Nascevano così nel 1957 il Gruppo Borromaico milanese e il Gruppo bergamasco, seguiti dal Gruppo bresciano nel 1960 (cui successero per opera di mons. Comini il Gruppo cremonese nel 1977, il Gruppo romano nel 1981, il Gruppo torinese nel 1982 e il Gruppo valtellinese nel 1986).
Ritiratosi nel 1961 prima in via Luigi Porta poi in via S. Invenzio, a dimostrare ancora il grande affetto che lo legava al Borromeo e a quattro anni di distanza dalla cessazione della suo rettorato, Angelini mi fece dono di una delle sue magnifiche opere Viaggio in Pavia che porta stampata questa dedica (purtroppo omessa nelle successive riedizioni):
«Agli alunni — di oggi e di ieri — dell’Almo Collegio Borromeo dedico naturalmente questo “Viaggio in Pavia”, che ognuno di loro abbellirà col meglio dei ricordi dei suoi anni universitari nella città ospitale. C.A. » Città che Angelini colle sue parole rese ancor più cara a tutti noi, per averne descritto «con ineffabile sentimento del passato le antiche strade, le vecchie case, i chiusi giardini, le splendide basiliche, i collegi insigni; le reliquie del tempo in cui la città era capitale dei Goti, dei Longobardi, del Regno Italico» — (così Marchetti in Ricordo di Cesare Angelini). E citando l’opera Viaggio in Pavia non posso dimenticare con quanta generosità e finezza accompagnasse il dono di quei meravigliosi, da lui tanto modestamente chiamati, volumetti agli auguri natalizi.
Nel 1939 Invito in Terrasanta, nel 1952 I doni del Signore, nel 1953 Manzoni, nel 1954 Invito al Manzoni, nel 1959 Terra santa quinto evangelo, nel 1960 Cinque terre (e una Certosa) (dove dedicava alla mia città un magnifico scritto), nel 1961 Quattro lombardi (e la Brianza), nel 1962 L’Osteria della luna piena, nel 1963 il Cantico dei Cantici, nel 1964 De profundis per il pittore, nel 1967 il commento dell’esule. Noterelle dantesche, nel 1969 Riccardo Francalancia pittore, nel 1970 Fatti e parabole, ancora nel 1970 Carlo Dossi e la scapigliatura milanese, nel 1971 Questa mia Bassa (e altre terre), seguito da Il Regno dei Cieli e Cronachette di letteratura contemporanea, nel 1973 I discorsi di Assisi e ancora Altro Ottocento (e un po’ di Novecento), nel 1974 — all’età di 88 anni — Variazioni manzoniane. E a queste opere seguirono, pubblicate dopo la sua morte: La vita di Gesù narrata da sua Madre, Il piacere della memoria, Terrasanta, Con Renzo e con Lucia (e con gli altri), Uomini della “Voce”, Le cronache della Domenca.
Ventisei opere, ventisei straordinari doni nella cui lettura io mi rifugio rinfrancandomi lo spirito, tanto dilettevole ne è la lettura, dove la prosa si eleva a sublimi livelli di poesia sì da rimanerne conquistati. E se cerchi di capire quale sia la ragione di tale potere esercitato su di te dalle opere di Angelini, in tuo aiuto ti soccorre il ricordo che mi fece un giorno delle parole di Santa Caterina: «L’umiltà è quella virtù per la quale uno va in su, quando va in giù», che in fondo non sono che un anticipo dell’insegnamento borromaico “Humilitas alta petit”, che Angelini realizzò compiutamente in sé durante tutta la sua vita, conclusasi sotto un poco di terra nel piccolo cimitero di Torre d’Isola, dove aveva svolto le funzioni di economo spirituale alla morte del fratello don Giuseppe, parroco in quel paesino.
I sentimenti di ammirazione e di affetto suscitati nel cuore di tutti coloro che ebbero la fortuna di conoscerlo anche attraverso i suoi luminosi scritti, hanno istintivamente condotto tanti di noi a promuovere, subito dopo la morte di Angelini, la costituzione del “Fondo Cesare Angelini” per onorarne la memoria e per venire in aiuto degli alunni di disagiate condizioni economiche, all’insegna della solidarietà borromaica e nello spirito del fondatore San Carlo Borromeo che indirizzò l’attenzione soprattutto ai pauperes et bona indole.
L’augurio col quale desidero concludere questa mia modesta rievocazione di Cesare Angelini è che la meravigliosa istituzione borromaica, sorta su basi di fecondo umanismo cristiano, possa anche per merito del “Fondo Cesare Angelini”, e magari anche mercé l’ottimo rettore don Ernesto Maggi, «potente in parole ed opere», ripristinare per tutti gli alunni la gratuità, come ai tempi felici in cui io mi ritrovai alunno dell’Almo Collegio Borromeo.