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CESARE ANGELINI

AGGIUNTA A VIA LUIGI PORTA

In C. Angelini, Viaggio in Pavia,
Pavia, Fusi, 1976, pp. 44-45.

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Via Luigi Porta, 1966.
Sullo sfondo Angelini.

Fotografia di Luisa Bianchi


Bisogna venire ad abitarla, per conoscerla tutta intera, direi per averne il sentimento. Anche per le vie, è vero quello che il Foscolo diceva dei libri: che per comprenderli bene, bisogna dimorare lungamente in essi. Dimorare, farvi dimora, e allora è anche più vero delle vie.
Che per vederla bene bisogna guardarla dal sotto in su, cioè entrandovi da corso Garibaldi, l’ho già detto. E quel suo discendere, lenta, sulle trottatoie, con curve e movenze che mi fanno ancora sospirare, l’ho pur detto. Che dalla presenza delle due torri — la Belcredi e la Dalmazia — essa acquista suggestiva profondità, anche questo l’ho detto. Ho detto del giardino pensile con alberi freschi che aspettano il vento e riferiscono alla contrada il vario passare delle stagioni; e d’inverno, sotto la neve che la fa più incantata, pare il misterioso cassetto dei sogni.
Devo aggiungere che nessun’altra via è attraversata da tanti colombi come via Porta, e si spiega. Hanno la loro dimora nei numerosi buchi delle torri (in foraminibus petrae, direbbe l’amoroso Cantico) e di lì vanno e vengono e scendono planando, sì che può anche capitare di fare la strada al passo coi colombi. Ma voglio raccontare questo spettacolo che vedo dalla mia finestra. Al mattino, quando San Giacomo suona l’Avemaria, come percossi da quei suoni, escono tutti insieme, a centinaia, dai loro forami che par quasi uno sciogliersi della torre. Naturalmente sono essi che si sciolgono in sciami; e chi va a lisciarsi le piume su qualche comignolo, chi va per davanzali a cercar cibo, e chi, scavalcando i tetti e le torri, va a messa in San Primo, posandosi sulle finestrelle della facciata.
Un’altra varietà, la via l’ha dai vicoli che vi sboccano dentro da sinistra e da destra: il vicolo dei Goti, che vi giunge da via Volta, girando morbidamente dietro l’orto Nascimbene, la più bella ortaglia di Pavia. Il vicolo San Colombano, che vien fuori da un allegro budello o incastro d’altri vicoli, protetti da sacre immagini e da cortiletti segreti, girando dietro l’illustre rudere della cappella omonima. Il vicolo San Dalmazio, che viene da via Anfiteatro e porta Palacense. I nomi ci fan subito sentire che siamo nell’area della Pavia autentica, vorrei dire sacra, per quel pio sentimento del passato che si prova a percorrerla, recuperando il tempo forte dei Goti, degli Unni, dei Vandali, di quei Longobardi passati di qui a fondare la nostra storia.
Vi affluisce anche via Mantovani, un nome che non dice niente in confronto con quello di prima che, a pronunciarlo, pareva di voltare un foglio di messale: Contrada degli Apostoli, naturalmente Giacomo e Filippo, patroni del rione.
Via Luigi Porta ha, insomma, un suo forte carattere, una sua atmosfera che niente può distruggere. Anche gl’impresari che in questi giorni vi stanno sistemando alcune case, sentono che bisogna farle a misura d’uomo, a due piani e non di più, per non mettere in soggezione il vicinato. Soprattutto, per rispetto alle torri, alla chiesa; e all’uomo, che è la misura di ogni cosa.

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Con la nipote Margherita Angelini

Fotografia di Luisa Bianchi



NEL RICORDO


La lapide collocata nel 2006, dall’Almo Collegio Borromeo e dall’Associazione Itinerari Culturali Cesare Angelini sulla casa di via Luigi Porta 14, dove A. vive in affitto dal novembre 1961 all’aprile 1970.